ROMA. Non ho guardato fin da subito con particolare interesse il nuovo partito Liberisti Italiani, iniziativa politica di Andrea Bernaudo, del quale è fondatore e presidente. Sono venuta a conoscenza di questo partito (fondato nel febbraio del 2020) attraverso uno spezzone di una intervista circolata su facebook nella quale Bernardo sosteneva, fra le altre cose, che la pandemia ha favorito i dipendenti pubblici rispetto ai lavoratori del settore privato.
Non voglio soffermarmi sulla liceità o meno di questa affermazione, ma in quel momento non mi apparve una grande uscita, particolarmente appropriata ad attrarre a sé un elettorato nuovo in una delle città con un numero di dipendenti pubblici sopra la media nazionale. Parliamo di Roma, perché Liberisti Italiani ha fatto la sua comparsa per la prima volta proprio in occasione delle recenti comunali della capitale. Mi sarei invece aspettata un discorso diverso. Una narrazione dei dipendenti pubblici come anch’essi vittime del sistema statalista, che si vedono decurtata buona parte dello stipendio fra tasse e costi previdenziali.
Il partito Liberisti Italiani si rifà prima di tutto agli ideali del liberalismo classico e aspira ad attirare a sé liberali, liberisti e libertari. Andrea Bernaudo, broker immobiliare, nato nel 1970, ha precedenti esperienze politiche vicine a Forza Italia ed è stato il fondatore di SOS Partite Iva, movimento politico a rappresentanza dei lavoratori autonomi.
Liberisti Italiani mi ha dato, a primo impatto, l’impressione di una iniziativa poco solida, marginale, di estremo contorno nell’ambito sia della politica che ha l’obiettivo di entrare nelle istituzioni sia di quella che vive nella dimensione della militanza extraparlamentare. Anche all’interno degli stessi ambienti liberali e libertari si è parlato pochissimo di Bernaudo e del suo partito.
Un giorno ero su un autobus, e dal finestrino scorsi un cartellone gigantografico con Andrea Bernaudo in occasione della campagna elettorale della capitale. Sono stati installati molti manifesti, mi hanno detto, soprattutto nel quartiere Prioli. Poco o nulla è stato investito sui social network. Su instagram, ad esempio, le pagine del candidato e del partito erano quasi anonime e aggiornate di rado. Nonostante l’aumento di followers negli ultimi giorni, sono tutt’ora seguite da meno di un migliaio di utenti.
Il risultato alle urne, come era prevedibile, non è stato entusiasmante. Liberisti Italiani ha preso un migliaio di voti attestandosi allo 0,09 per cento. Il risultato, a mio parere, fra le altre cose, ha subito il peso di una comunicazione “antica”, pressoché inesistente sui social, e dell’inefficacia a comunicare adeguatamente la possibile portata rivoluzionaria del progetto.
Sono stata alla chiusura della campagna elettorale organizzata dal partito a Campo de’ Fiori, sotto alla statua di Giordano Bruno. Erano presenti una cinquantina di persone, per lo più di mezza età. Qualche famiglia e pochi giovani.
Il comizio è stato aperto con l’intervento di Alessando Onofri, capolista, avvocato e tra i fondatori di Liberisti italiani. Onofri ha affermato che il movimento nasce per opporsi “alla piovra delle partecipate e della mano pubblica”. “La libertà politica e imprenditoriale è minata dalla piovra del sistema statalista”, ha detto Onofri, mettendo da subito in chiaro il principale obiettivo del partito per Roma: quello di liberalizzare tutti i servizi pubblici della capitale.
E’ seguito l’intervento di Andrea Bernaudo, che ha aperto il discorso citando Luigi Einaudi, in riferimento al poco spazio mediatico che è stato attribuito a Liberisti Italiani durante la campagna elettorale. “E’ necessario – ha affermato Bernaudo – garantire il diritto di conoscere per deliberare a tutti i romani, affinché possano scegliere consapevolmente il partito che più li rappresenta”.

Secondo Bernaudo tutti i partiti hanno lo stesso programma: il mantenimento dello status quo e di assunzione di nuovi dipendenti pubblici. Ha puntualizzato che Liberisti Italiani non intende proporre privatizzazioni ma liberalizzazioni. “Nessuno si comprerebbe società decotte come ATAC e AMA”, dice. Stando al programma dei liberisti, sarebbe necessario chiudere al più presto i rapporti con queste società per mettere a gara i servizi con bandi aperti a livello internazionale.
Andrea Bernaudo ha concluso l’intervento dichiarando l’intenzione a voler lanciare il partito su scala nazionale. A tal proposito, alla luce anche del non entusiasmante risultato alle urne, se questa rimane l’intenzione, c’è da lavorare, e molto.

Il primo obiettivo è quello di cominciare non solo ad attirare a sé forza giovane, ma prima di tutto di acquisire credibilità e determinazione all’interno degli ambienti liberali e libertari italiani. Questi ultimi, per ora divisi e frammentati, per non dire “atomizzati”. Per rompere questa situazione di stallo è necessario comunicare nel modo giusto, coinvolgere chi è da tempo attivo nell’ambiente, non solo come attivista ma anche a livello culturale.
Cominciare e far parlare di sé è lo step successivo. Non bisogna rincorrere i media, ma farsi rincorrere da loro. Come? Pensare fuori dagli schemi. A tal proposito, sarebbe una buona idea prendere spunto da quanto più riuscito dell’esperienza del Libertarian Party americano, o ancora meglio, dal recente successo mediatico (e non solo) raggiunto da Javier Milei in Argentina.
La vecchia esperienza con SOS Partite IVA è finita. Ora bisogna quanto prima rendersi conto che è arrivato il momento di pensare in grande, e quindi di pesare meglio le parole e i discorsi. E’ quanto mai necessario, soprattutto se c’è l’intenzione di approcciarsi a temi delicati al di là delle libertà economiche. I consigli di un bravo spin doctor, giovane e preparato, potrebbero contribuire a raggiungere un modus operandi comunicativo più efficace e a dare un volto moderno a questo nuovo partito.
Liberisti Italiani, ha promesso Bernaudo, ha l’obiettivo di lanciarsi su scala nazionale. Ma il partito non si è ancora espresso su molte questioni che infervorano il dibattito politico e televisivo. Se l’intenzione è continuare con questo progetto Bernaudo dovrà riflettere bene sull’impronta da dare al partito. Qual è la presa di posizione del partito su, ad esempio, liberalizzazione delle droghe, eutanasia, aborto, e altre questioni etiche? Il partito prenderà parte al dibattito su questi argomenti oppure limiterà le proprie istanze a questioni prettamente fiscali ed economiche? Per ora non lo sappiamo, ma il tempo ci darà delle risposte.
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